| Alfredo Giacomini architetto
Architettura
 
INTRODUZIONE
 
Ha ragione Platone le idee sono preesistenze che volano nello spazio e a volte qualcuna ti scende sulla fronte. Sei architetto e le disegni. Disegnare un'idea è una bella cosa e anche abbastanza rara. Di solito si progetta senza un'idea forte, portati per mano dalle necessità funzionali, inseguendo geometrie varie. C'è chi è attaccato al quadrato, al cerchio, agli angoli di 45 gradi o a combinazioni geometriche più o meno maniacali.
E' invece dal racconto di un'idea che scaturisce autonomamente la forma. E' proprio l'idea, il simbolo che portano alla forma. Di solito nel lavorare insieme ci sono più idee, più forme e non c'è pace finchè non si decide "l'idea finale" o se vogliamo "la forma ideale" capace di governare l'intera composizione. I primi tratti sulla carta alla ricerca di una direzione, di una dimensione, uno scatenarsi di energie. Composizione asimmetrica, articolazione di masse in un equilibrio dinamico; composizione astratta che non crei però un'architettura completamente decontestualizzata. Il contesto come entità vincolante e di dialogo, nella sua doppia ipostasi fisica e socio-culturale.
Ci orientiamo in riferimento al sole, ci ripariamo dal vento e dalla pioggia, ci adattiamo alla morfologia del terreno, le varie preesistenze: un albero, un vecchio muro, un antico edificio, le forme archetipali radicate fortemente nella mente umana. Viviamo in due mondi difficilmente conciliabili: il mondo concettuale fatto di sogni, ricordi, immagini, schizzi, disegni: il mondo del progetto e quello del contingente.
La ricerca di qualità spaziali interne e di una articolazione dei volumi mettono, giustamente, in sordina lo sforzo per la bella facciata; così come un dettaglio troppo accurato e costoso è, a volte, meno poetico di un frammento espressivo.
Il non finito, la rottura, l'accostamento casuale, tutte queste imperfezioni, vengono assunte come echi inevitabili ma non intollerabili delle modeste circostanze di lavoro nell'universo etico del mestiere. Non poche volte nell'arte la precarietà dei mezzi ha favorito la spiritualità delle opere, mentre la cristallizzazione dello stile ha segnato la sua fine.
L'architettura non è soltanto un oggetto da guardare, è una strada da percorrere con i suoi incidenti, le sue sorprese, la sua dimensione temporale.
Le convinzioni e le aspirazioni del mondo concettuale vengono poi in contrasto con il pregiudizio culturale, con la lentezza e l'incomprensione della burocrazia istituzionale, nella dialettica atroce del passaggio alla realtà della realizzazione. C'è combattimento, ripiego, ci sono poche vittorie e tante rinunce.
L'Architettura realizzata è forse un miracolo; la libertà di espressione si manifesta meglio nell'ambito dei concorsi che dovrebbero garantire la qualità del prodotto. Altrimenti resta sempre la dolorosa domanda: l'arte si abbassa al livello della mediocre consuetudine, oppure è un efficace strumento educativo?
 
 
                                                                                  SORIN SERGENTU
 
 
 
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